Molti alimenti restano sicuri anche dopo la scadenza, ma altri diventano un rischio reale: ecco come capire quando fidarsi e quando no.
Negli ultimi anni si parla sempre di più di sicurezza alimentare, ma anche di sprechi domestici. Spesso, di fronte a una confezione scaduta, nasce lo stesso dubbio: “Posso ancora mangiarlo o rischio un’intossicazione?”. La risposta non è univoca, perché dipende dal tipo di prodotto e dalla dicitura riportata in etichetta. Lo spiega Laura De Gara, presidente del corso di laurea in Scienze dell’Alimentazione e della Nutrizione Umana all’Università Campus Bio-Medico di Roma, che aiuta a distinguere tra cibi realmente pericolosi e altri ancora perfettamente consumabili.
Capire le etichette: “da consumarsi entro” e “preferibilmente entro”
La prima regola è leggere bene le etichette. L’esperta chiarisce che esistono due formule con significato molto diverso: “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro”. La prima è tassativa: indica la data limite di sicurezza del prodotto, oltre la quale il consumo può comportare rischi per la salute. È il caso di alimenti freschi, con alto contenuto d’acqua, come carne, pesce, latte o piatti pronti. Una volta superata quella soglia, possono proliferare batteri patogeni come Salmonella, Listeria ed Escherichia Coli, capaci di provocare intossicazioni alimentari anche gravi.

La seconda formula, invece, ha un significato diverso. “Da consumarsi preferibilmente entro” si riferisce al periodo ottimale per mantenere le proprietà organolettiche: sapore, consistenza, colore e profumo. Dopo quella data, il cibo può perdere parte della sua qualità, ma resta sicuro da mangiare. In altre parole, il biscotto può non essere più croccante o il sugo un po’ meno profumato, ma non rappresenta un pericolo.
Capire questa distinzione aiuta non solo a ridurre gli sprechi alimentari, ma anche a evitare paure infondate. Ogni anno in Italia finiscono nella spazzatura oltre 27 chili di cibo a persona, spesso perfettamente commestibile. Una maggiore consapevolezza sulle etichette può quindi trasformarsi in un gesto concreto di sostenibilità.
I cibi “sicuri” dopo la scadenza (e quelli da evitare sempre)
Alcuni alimenti resistono nel tempo senza problemi. Tra i più “tolleranti” ci sono la pasta secca, che può essere consumata anche fino a due anni dopo la scadenza, se conservata in luogo asciutto e lontano dall’umidità, e il riso, che mantiene intatte le proprietà nutrizionali per lungo tempo. Stesso discorso per legumi secchi, miele, zucchero e cibi in scatola, purché le confezioni siano integre. Anche il cioccolato può durare mesi dopo la data indicata, nonostante la comparsa di una patina bianca superficiale, che non è muffa ma semplice cristallizzazione dei grassi.
Discorso diverso per i prodotti freschi e deperibili. Il latte è tra i più delicati: può sviluppare batteri nocivi già poche ore dopo la scadenza, soprattutto se lasciato fuori dal frigorifero. Ancora più a rischio è il latte crudo, che può contenere microrganismi patogeni come quelli produttori di Shiga-tossine, responsabili di infezioni gravi. Proprio per questo il Ministero della Salute ha emanato specifiche linee guida di controllo per le regioni italiane.
Anche gli affettati e le uova non devono mai essere consumati oltre la scadenza. Nel primo caso il rischio è la Listeria monocytogenes, invisibile ma pericolosa; nel secondo, la Salmonella, che può svilupparsi anche in uova apparentemente perfette.
Tra i cibi da valutare con attenzione ci sono lo yogurt, che può essere consumato pochi giorni dopo la scadenza se non presenta odori o gonfiore del contenitore, e i succhi di frutta, che perdono qualità ma restano sicuri se conservati bene. L’olio d’oliva, invece, non diventa tossico ma col tempo perde le sue proprietà antiossidanti e il gusto si altera: meglio consumarlo entro l’anno dalla produzione.
Il formaggio stagionato può essere un’eccezione, ma va controllato con attenzione: nessuna muffa indesiderata e odore normale. Infine, il pesce in scatola è tra i più longevi: la sua scadenza può essere superata anche di un mese, se la confezione è integra e non rigonfia.
In tutti i casi, la regola d’oro resta una: fidarsi dei propri sensi. Vista, olfatto e gusto aiutano a capire se un cibo è ancora buono. Colore alterato, odore sgradevole o sapore anomalo sono segnali chiari che l’alimento va eliminato, senza esitazione.
Consigli degli esperti
L’esperta ricorda anche un consiglio pratico per evitare sprechi: pianificare la spesa e conservare correttamente i prodotti. Fare la lista prima di uscire, leggere sempre le date sulle confezioni, congelare ciò che non si consuma subito e usare contenitori ermetici sono piccoli gesti che fanno la differenza. Solo la metà degli italiani, secondo l’Osservatorio Nestlé, pianifica la spesa con attenzione. Eppure, è proprio da lì che nasce la vera prevenzione contro gli sprechi.
Un cibo può anche aver superato la scadenza, ma ciò che conta davvero è come è stato conservato e quanto è esposto a contaminazioni. Sapere leggere le etichette, conoscere le regole base della sicurezza alimentare e fidarsi dei propri sensi sono strumenti preziosi per tutelare salute e portafoglio, riducendo inutili sprechi.