Nella prossima manovra economica arrivano nuovi incentivi per dipendenti e aziende: raddoppiano i tetti dei fringe benefit e cresce la soglia per la tassazione agevolata. Obiettivo: più produttività e benessere nei luoghi di lavoro.
Tra le misure al centro della prossima legge di bilancio, il governo punta a una profonda revisione del welfare aziendale, con una manovra che potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui vengono gestiti i fringe benefit e i premi di risultato. L’obiettivo è duplice: da un lato, aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori in un contesto di inflazione persistente; dall’altro, incentivare le imprese a migliorare la produttività premiando il merito con una tassazione più leggera.
Secondo le prime indiscrezioni, il limite per l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10% sui premi di risultatopotrebbe passare da 3.000 a 4.000 euro, mentre quello per i fringe benefit raddoppierebbe: da 1.000 a 2.000 euro per chi non ha figli a carico e da 2.000 a 4.000 euro per chi ne ha. Una mossa che il Ministero dell’Economia considera strategica per “rafforzare il welfare aziendale come strumento di benessere collettivo e leva di produttività”.
Cosa sono i fringe benefit e perché sono così importanti
Con il termine fringe benefit si intendono i benefici non monetari che il datore di lavoro concede ai propri dipendenti come parte integrante della retribuzione. Non si tratta quindi di aumenti di stipendio diretti, ma di beni o servizi che migliorano la qualità della vita del lavoratore e, di conseguenza, la sua soddisfazione professionale.
Tra gli esempi più comuni figurano buoni spesa, buoni carburante, auto aziendali, polizze assicurative, abbonamenti ai trasporti, piani sanitari integrativi o contributi per le spese scolastiche e familiari. Il loro grande vantaggio è che — entro una certa soglia — sono esentasse: non concorrono alla formazione del reddito e non comportano contributi previdenziali, né per il dipendente né per l’azienda.

Un beneficio concreto che si traduce in più potere d’acquisto reale, senza l’impatto fiscale che grava sugli stipendi. È per questo che sempre più imprese, soprattutto quelle medio-grandi, li utilizzano come strumento di fidelizzazione e motivazione del personale.
Il vantaggio fiscale e i nuovi limiti in arrivo
Attualmente, il valore dei fringe benefit esenti da imposta è fissato a 1.000 euro annui, che diventano 2.000 euro per i lavoratori con figli a carico. Con la nuova proposta in manovra, le soglie verrebbero raddoppiate, permettendo ai datori di lavoro di offrire benefit più consistenti senza aggravi fiscali.
Parallelamente, la tassazione agevolata al 10% sui premi di risultato — introdotta per premiare la produttività — dovrebbe salire da 3.000 a 4.000 euro, sempre a condizione che l’azienda abbia stipulato accordi di contrattazione collettiva che prevedano parametri misurabili di efficienza o redditività.
Si tratta di due interventi che puntano nella stessa direzione: stimolare la produttività senza aumentare il costo del lavoro, lasciando più risorse nelle mani dei dipendenti e più margine operativo alle imprese.
L’effetto combinato di fringe benefit potenziati e premi di risultato agevolati può generare, secondo alcune stime, un aumento medio di 1.000-1.200 euro netti l’anno per ogni lavoratore coinvolto. Una cifra che, in un momento di rincari diffusi, può fare la differenza.
I vantaggi per i lavoratori: più potere d’acquisto e meno tasse
Per i dipendenti, il vantaggio è duplice. Da un lato, i fringe benefit permettono di risparmiare su spese quotidiane — carburante, buoni spesa, assicurazioni — senza che questi importi siano tassati. Dall’altro, consentono di percepire una retribuzione più “ricca” senza spingere l’azienda ad aumentare il salario lordo.
Questo meccanismo, che in pratica “aggira” l’imposizione fiscale sul reddito, si traduce in un incremento effettivo del potere d’acquisto. Un lavoratore che riceve 1.000 euro di benefit in buoni o servizi ne beneficia interamente, mentre un aumento equivalente in busta paga sarebbe soggetto a imposte e contributi, riducendo il guadagno netto.
Inoltre, molti benefit — come le polizze sanitarie aziendali — offrono coperture e tutele aggiuntive che migliorano il benessere individuale, riducendo anche il rischio di assenze per motivi di salute o stress. È un circolo virtuoso: lavoratori più sereni e tutelati sono anche più produttivi e motivati.
I vantaggi per le aziende: produttività e fidelizzazione
Le imprese, dal canto loro, vedono nei fringe benefit una strategia di gestione del personale a basso costo. Invece di alzare gli stipendi — misura costosa e fiscalmente gravosa — possono investire in forme di welfare più flessibili, che costano meno e creano maggiore soddisfazione.
Inoltre, i benefit aiutano a ridurre il turnover e a migliorare il clima aziendale. I lavoratori che percepiscono attenzione da parte dell’azienda, infatti, sviluppano un forte senso di appartenenza e sono meno propensi a cambiare datore di lavoro.
C’è poi un altro aspetto cruciale: i fringe benefit rappresentano oggi un fattore competitivo nell’attrazione dei talenti. In un mercato del lavoro dove le nuove generazioni privilegiano il benessere e la flessibilità rispetto al solo stipendio, le imprese che investono nel welfare risultano più attrattive.
Questa dinamica contribuisce anche a migliorare la reputazione aziendale, rafforzando il cosiddetto employer branding, ossia l’immagine del datore di lavoro come realtà attenta e responsabile.
Il nuovo welfare aziendale come strumento di crescita
L’intento del governo è trasformare il welfare aziendale da misura accessoria a pilastro strutturale del sistema economico. Innalzare i limiti fiscali significa riconoscere che il benessere dei lavoratori non è solo un tema sociale, ma anche una leva economica che può incidere sulla competitività del Paese.
Una maggiore diffusione dei benefit, soprattutto nelle piccole e medie imprese, può creare un effetto moltiplicatore: più consumi, più produttività e maggiore soddisfazione sul lavoro. Ma perché la misura abbia successo, sarà necessario semplificare le regole e ridurre la burocrazia.
Il governo punta anche a digitalizzare la gestione dei benefit, con piattaforme uniche per aziende e dipendenti, così da garantire trasparenza e tracciabilità.
L’equilibrio tra equità e sostenibilità
Resta comunque il nodo delle coperture e della sostenibilità previdenziale. Ogni ampliamento dei vantaggi fiscali comporta un costo per lo Stato. Per questo, il Ministero dell’Economia ha precisato che la misura dovrà rispettare “gli equilibri di finanza pubblica e la sostenibilità del sistema previdenziale”.
L’intento è mantenere il principio di equità, evitando che il welfare aziendale diventi un privilegio solo per chi lavora in grandi imprese. Per rendere la misura davvero universale, servirà estendere gli incentivi anche alle PMI e introdurre meccanismi di credito d’imposta per le aziende più piccole.
Una riforma che guarda al futuro
Se approvata, la riforma dei fringe benefit e dei premi di risultato rappresenterà una delle novità più concrete della prossima manovra. Una misura che va oltre la logica dei bonus temporanei e che mette al centro il benessere come motore di crescita.
Il messaggio è chiaro: un Paese in cui le imprese investono nei propri lavoratori è anche un Paese più produttivo, stabile e competitivo. Il nuovo welfare aziendale, più generoso e accessibile, non è solo un vantaggio fiscale ma un cambio di paradigma culturale.