«Un minuto ballavo, quello dopo ero in coma»: il racconto shock di Madonna della malattia che l’ha costretta a fermarsi

Madonna e la malattia

Madonna racconta la sua malattia. Fonte foto www.wikipedia.org-www.senecaedizioni.com

Franco Vallesi

Ottobre 13, 2025

Il racconto shock della popstar riporta l’attenzione su una delle emergenze mediche più pericolose, capace di colpire anche da un’infezione comune.

Negli Stati Uniti, durante un’intervista al podcast di Jay Shetty, la voce di Madonna si è incrinata ricordando il dramma che l’ha travolta nell’estate del 2023. «Un minuto ero viva, ballavo, e l’attimo dopo mi sono ritrovata in terapia intensiva, incosciente per quattro giorni», ha raccontato la popstar. «Quando sono uscita dall’ospedale avevo qualcosa chiamata sepsi, e può ucciderti».
Le sue parole hanno riportato alla ribalta una condizione medica che in Italia e nel mondo resta sottovalutata, ma che ogni anno causa migliaia di morti: la sepsi.

Che cos’è davvero la sepsi e perché non va confusa con la setticemia

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, la sepsi è una complicanza grave di un’infezione che scatena una reazione infiammatoria generalizzata. Non va confusa con la setticemia, che indica soltanto la presenza di batteri nel sangue. Nella sepsi, invece, il problema è la risposta immunitaria fuori controllo: l’organismo, invece di difendersi, avvia un processo distruttivo che danneggia organi e tessuti.

Il Centro medico Santagostino di Milano spiega che non si tratta di una condizione rara o legata solo ad ambienti ospedalieri. Può insorgere anche da polmoniti, infezioni urinarie o perfino da una semplice ferita cutanea. Quando l’infezione locale non resta confinata e innesca una cascata infiammatoria, la vita del paziente entra in pericolo.

Madonna in un suo concerto
Madonna in un suo concerto. Fonte foto www.wikipedia.org-www.senecaedizioni.com

I sintomi possono trarre in inganno. Febbre molto alta o, al contrario, ipotermia, brividi, tachicardia, respiro accelerato, malessere diffuso. Nei quadri avanzati compaiono confusione mentale, sonnolenza, calo della pressione e riduzione della diuresi, segni che indicano un coinvolgimento diretto di cervello, cuore e reni.
Le statistiche parlano chiaro: la mortalità arriva al 40% nei casi gravi e può superare il 60% nello shock settico, quando la pressione sanguigna crolla e gli organi smettono di funzionare.

Terapie, rischi e l’importanza della prevenzione

La sepsi è considerata una delle emergenze più temute in ospedale perché ogni ora di ritardo nella terapia riduce le possibilità di sopravvivenza. Le linee guida prevedono la somministrazione immediata di antibiotici ad ampio spettro, adattati poi al microrganismo identificato. A questo si aggiungono fluidi endovenosi, farmaci vasopressori per stabilizzare la circolazione e, nei casi più gravi, ossigeno o ventilazione meccanica. Se i reni sono compromessi, può rendersi necessaria la dialisi.

Non è solo la fase acuta a preoccupare. Molti pazienti, una volta dimessi, affrontano la cosiddetta sindrome post-sepsi, caratterizzata da stanchezza cronica, dolori muscolari, difficoltà di concentrazione. Segnali che dimostrano quanto l’organismo sia stato messo alla prova da questa condizione.

Il racconto di Madonna ha riportato l’attenzione su una verità spesso dimenticata: la sepsi può colpire chiunque, non solo persone già fragili o ricoverate. Può insorgere da infezioni comuni, anche in individui giovani e apparentemente sani. Per questo la prevenzione diventa fondamentale. Curare subito infezioni respiratorie o urinarie, rispettare i cicli di antibiotici prescritti, non trascurare sintomi persistenti o insoliti è il modo più efficace per ridurre i rischi.

Gli esperti ricordano anche il ruolo dei vaccini: seguire le raccomandazioni vaccinali riduce la probabilità che un’infezione banale diventi un problema grave. Allo stesso tempo, mantenere standard igienici elevati e sottoporsi a controlli regolari aiuta a proteggere chi è più vulnerabile, come anziani, bambini piccoli, immunodepressi e donne in gravidanza.

Il caso della popstar americana ha un valore simbolico: mostra come la sepsi non sia un concetto astratto relegato ai manuali di medicina, ma un pericolo reale che può cambiare la vita da un giorno all’altro. Una condizione che resta una sfida aperta per i sistemi sanitari e una lezione per chi tende a sottovalutare le infezioni.

Perché parlarne oggi è fondamentale

Il racconto di Madonna ha avuto un effetto immediato: riportare al centro dell’attenzione pubblica una condizione che raramente occupa i titoli dei giornali ma che rappresenta una delle principali emergenze mediche. Non si tratta solo di un’esperienza personale drammatica, ma di un’occasione per riflettere su quanto la sepsi sia ancora poco conosciuta e spesso sottovalutata.

Molti pazienti arrivano in ospedale in ritardo, quando la situazione è già critica, proprio perché i sintomi iniziali possono sembrare banali: una febbre che non passa, un senso di spossatezza che peggiora, una tachicardia improvvisa. Sono segnali che possono essere scambiati per un’influenza o una semplice infezione stagionale, eppure nascondono un rischio molto più alto.

Per questo la diffusione di informazioni corrette diventa cruciale. La consapevolezza permette di riconoscere i campanelli d’allarme e di agire tempestivamente. E se i sistemi sanitari devono continuare a investire in protocolli rapidi e formazione, i cittadini hanno il compito di non sottovalutare i sintomi, di chiedere aiuto medico quando serve e di rispettare le cure prescritte.

La storia della popstar americana dimostra che la sepsi non guarda alla fama o all’età. È una minaccia che può colpire chiunque, e parlarne oggi significa contribuire a salvare vite domani.

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