Dal 2027 l’età pensionabile salirà a 67 anni e 3 mesi: il governo valuta correttivi per categorie specifiche, tra lavori usuranti e carriere precoci.
Il sistema previdenziale italiano si prepara a una nuova svolta. In base al meccanismo previsto dalla legge Fornero, dal 1° gennaio 2027 l’età per accedere alla pensione di vecchiaia passerà da 67 anni a 67 anni e 3 mesi, in linea con l’aumento della speranza di vita certificato dall’Istat. Non si tratta di una decisione politica improvvisa, ma di un adeguamento automatico già scritto nelle regole dal 2011.
La conseguenza, secondo le stime della Ragioneria generale dello Stato, avrà un impatto di circa 3 miliardi di euro l’anno sui conti pubblici, a regime.
Il governo guidato da Giorgia Meloni non intende bloccare del tutto lo scatto, ma sta lavorando a una “sterilizzazione selettiva”: in altre parole, un alleggerimento della misura solo per alcuni gruppi di lavoratori, considerati più fragili o meritevoli di tutele particolari. Tra questi, i cosiddetti lavori usuranti e i lavoratori precoci, che hanno iniziato a versare contributi già in giovane età.
Le ipotesi allo studio
Secondo fonti di maggioranza, sul tavolo del ministero dell’Economia e di quello del Lavoro ci sono tre possibili soluzioni. La prima ipotesi prevede una deroga per chi ha già compiuto 64 anni al momento dell’entrata in vigore della norma: questa fascia sarebbe esclusa dall’aumento.
La seconda opzione riguarda un percorso graduale, con un incremento distribuito nel tempo: un mese nel 2026, due mesi nel 2027, tre mesi nel 2028. Infine, la terza possibilità, ritenuta la più sostenibile finanziariamente, è quella di applicare lo scatto a tutti, ma introdurre una sterilizzazione mirata solo per categorie selezionate.

Il problema, ancora una volta, è legato ai costi. Bloccare del tutto l’aumento significherebbe rinunciare a circa 3 miliardi di euro l’anno, una cifra che difficilmente i conti pubblici potrebbero assorbire senza violare i vincoli imposti da Bruxelles.
La presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Lilia Cavallari, ha ricordato che l’adeguamento non è solo una misura di rigore, ma un pilastro dell’equilibrio contributivo: «In un sistema basato sui contributi – ha spiegato – più anni di lavoro significano anche assegni più alti e una maggiore sostenibilità nel lungo periodo».
Le reazioni politiche e sindacali
Come spesso accade in tema di pensioni, le reazioni non si sono fatte attendere. Le opposizioni accusano il governo di incoerenza: il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha definito la misura un «paradosso», ricordando che gli attuali partiti di governo avevano promesso di cancellare la legge Fornero, mentre ora si limitano a gestirne gli effetti.
Sul fronte opposto, la Lega spinge per una tutela rafforzata dei lavoratori più esposti, come quelli dei cantieri o dei turni notturni. Il vicepremier Matteo Salvini ha parlato di «un aumento inaccettabile» se applicato indistintamente a chi svolge attività logoranti. Più prudente la premier Giorgia Meloni, che ha invitato i suoi ministri a valutare soluzioni equilibrate: evitare un aumento lineare, senza però compromettere i conti dello Stato.
Il precedente del 2019 e il rischio “scalone”
Non è la prima volta che l’età pensionabile si adegua automaticamente alla speranza di vita. L’ultimo incremento risale al 2019, con un aumento di cinque mesi. Il successivo, previsto nel 2021, era stato sospeso a causa del calo della longevità legato alla pandemia di Covid-19. Ora che l’Istat ha registrato un nuovo miglioramento della vita media, il meccanismo si riattiva.
Gli esperti avvertono di un pericolo: rinviare oggi l’adeguamento potrebbe creare uno “scalone” più consistente nel 2029, quando scatterà la revisione successiva. Un rinvio generalizzato, insomma, rischierebbe di spostare in avanti il problema, accumulando un incremento più pesante da applicare tutto insieme.
Previdenza complementare e giovani generazioni
Parallelamente al dibattito sull’età pensionabile, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha rilanciato l’idea di rafforzare la previdenza complementare. Solo un terzo dei lavoratori italiani aderisce oggi a forme integrative, una percentuale molto bassa rispetto ad altri Paesi europei. L’obiettivo è colmare il cosiddetto pension gap, cioè la differenza tra reddito da lavoro e reddito da pensione, che rischia di diventare sempre più marcata per i giovani con carriere discontinue.
Secondo il governo, sviluppare i fondi pensione integrativi significa offrire maggiore sicurezza ai singoli e al tempo stesso garantire la sostenibilità complessiva del sistema. Per molti esperti, questa strada rappresenta l’unico modo per conciliare equità intergenerazionale e stabilità finanziaria.
Un nodo che divide da anni
Il tema delle pensioni è uno dei più divisivi della politica italiana. Da un lato c’è la necessità di contenere la spesa pubblica, dall’altro la volontà di tutelare chi svolge lavori faticosi e rischia di non arrivare all’età pensionabile in condizioni di salute dignitose.
L’aumento a 67 anni e 3 mesi dal 2027 è quindi solo l’ennesimo capitolo di una storia che si ripete a ogni revisione della legge Fornero: governi diversi, maggioranze diverse, ma sempre la stessa difficoltà nel conciliare sostenibilità e consenso sociale.
La prossima Legge di Bilancio sarà il banco di prova. All’interno dovranno essere specificati platee, tempi e costi delle deroghe promesse. Finché non ci saranno numeri certi, il rischio è che la misura diventi terreno di scontro politico e sociale, con sindacati già pronti a mobilitarsi.