Spid a pagamento: ecco chi dovrà sborsare soldi e chi invece continuerà a usarlo gratis

Spin a pagamento

Spin a pagamento ed esenzione. Fonte foto www.poste.it-senecaedizioni.com

Franco Vallesi

Ottobre 10, 2025

Lo Spid in Italia non è più sempre gratuito: alcuni provider hanno introdotto canoni annuali, mentre Poste Italiane ha deciso di mantenere il servizio senza costi per altri cinque anni.

Il panorama dell’identità digitale in Italia sta vivendo una fase di svolta. Lo Spid, utilizzato da oltre 30 milioni di cittadini per accedere ai servizi online della pubblica amministrazione, fino a poco tempo fa era completamente gratuito.

Le cose però stanno cambiando: diversi provider hanno introdotto canoni annuali, trasformando quello che per anni è stato percepito come un diritto senza costi in un servizio con una tariffa da pagare. La notizia più importante riguarda Poste Italiane, che ha annunciato di voler mantenere PosteId gratuito fino al 2030, garantendo così la continuità per oltre 20 milioni di utenti.

Perché lo Spid diventa a pagamento

La ragione principale è la fine delle convenzioni con lo Stato. Fino al 2023, i costi di gestione erano sostenuti dai contributi pubblici, che permettevano ai provider di offrire lo Spid gratuitamente. Una volta terminati i finanziamenti, le aziende hanno dovuto farsi carico delle spese, molto più elevate di quanto si possa immaginare.

Gestire lo Spid significa garantire alti standard di sicurezza informatica, aggiornare continuamente le piattaforme digitali, assicurare un supporto tecnico h24 e investire in nuove infrastrutture per rispondere a milioni di accessi quotidiani. Tutto questo comporta costi non indifferenti, che senza il contributo statale non potevano più essere coperti.

Poste Italiane
Poste Italiane e SPID-senecaedizioni.com

Da qui la decisione di introdurre canoni annuali, che oscillano tra i 5 e i 10 euro l’anno. Piccole cifre per i singoli utenti, ma fondamentali per la sostenibilità economica dei provider.

  • InfoCert: dal 28 luglio 2025 applica 5,98 euro l’anno, Iva inclusa. Il primo anno resta gratuito, ma il rinnovo non è automatico: l’utente deve accettare espressamente la nuova tariffa.

  • Aruba: dal secondo anno di abbonamento richiede 4,90 euro l’anno, spiegando che la decisione è stata presa per coprire i costi di gestione.

  • Register.it: adotta una politica di prezzi variabili. Per chi si riconosce tramite smart card o firma digitale il costo è di 9,90 euro l’anno, ma per altre modalità di riconoscimento può salire fino a 80 euro, una cifra che ha sorpreso e fatto discutere.

Questi cambiamenti hanno creato una frattura tra cittadini, divisi tra chi accetta il canone come inevitabile e chi considera l’identità digitale un servizio che dovrebbe restare gratuito, essendo ormai indispensabile per accedere a gran parte dei servizi pubblici.

La scelta di Poste Italiane e le alternative ancora gratuite

In questo scenario, la decisione di Poste Italiane appare decisiva. Con il servizio PosteId, che rappresenta oltre il 70% delle identità digitali attive nel Paese, l’azienda ha confermato che lo Spid resterà gratuito fino al 2030. La notizia è arrivata con il rinnovo della convenzione firmata tra AgID (Agenzia per l’Italia Digitale), il Dipartimento per la trasformazione digitale e l’Assocertificatori.

Questa scelta permette di garantire continuità d’uso e inclusione digitale a milioni di cittadini che ogni giorno utilizzano lo Spid per gestire pratiche sanitarie, fiscali e amministrative. Per molti utenti, PosteId rappresenta la soluzione più semplice e immediata, accessibile da app e integrata con i principali servizi pubblici e privati.

Ma Poste non è l’unica opzione. Alcuni provider hanno scelto di non introdurre costi, almeno per chi attiva lo Spid con strumenti già in possesso:

  • Sielte, Lepida e Namirial mantengono lo Spid gratuito se il riconoscimento avviene tramite Carta d’identità elettronica (CIE), Carta nazionale dei servizi (CNS) o firma digitale.

  • Queste procedure possono risultare meno comode rispetto a un riconoscimento via app, ma consentono di evitare canoni annuali.

Un’altra alternativa concreta è proprio la CIE, che il governo intende promuovere come strumento principale di accesso ai servizi digitali. L’obiettivo dichiarato è che entro il 2026 il 70% della popolazione abbia attivato la carta elettronica, riducendo così la dipendenza dallo Spid. Tuttavia, la diffusione della CIE procede a rilento e, per i prossimi anni, milioni di cittadini continueranno a usare lo Spid come identità digitale principale.

Uno strumento indispensabile

Il dibattito sull’introduzione di un canone ha messo in luce un aspetto cruciale: lo Spid non è più un servizio accessorio, ma un pilastro della vita digitale del Paese. Dall’accesso al fascicolo sanitario elettronico ai bonus fiscali, dalle iscrizioni scolastiche al pagamento dei tributi, sempre più attività richiedono l’identità digitale. Renderlo a pagamento significa di fatto introdurre un costo per l’accesso a diritti fondamentali.

La scelta di Poste Italiane di garantire la gratuità fino al 2030 ha un valore politico e sociale oltre che economico. Significa mantenere l’accesso universale e non discriminatorio a uno strumento che ha ormai sostituito molte pratiche cartacee.

Il futuro, però, resta aperto: il rinnovo delle convenzioni ha garantito continuità, ma sarà necessario definire un modello sostenibile e inclusivo per gli anni successivi. L’Italia dovrà decidere se mantenere lo Spid come servizio gratuito finanziato dallo Stato, spingere definitivamente sulla CIE o lasciare che i provider continuino a stabilire costi e tariffe diverse.

×