Buoni pasto 2025, “più soldi in busta paga”: la mossa del governo che cambia tutto. Cosa succede ora (più soldi in arrivo?)

Novità per i buoni pasto

Cosa succede ora e chi ci guadagnerà (e chi no)-www.senecaedizioni.com

Franco Vallesi

Ottobre 9, 2025

Il viceministro Maurizio Leo conferma che l’esecutivo sta studiando un innalzamento della soglia esentasse: dai benefici in busta paga ai costi per lo Stato, ecco perché la misura è tornata centrale.

Il tema dei buoni pasto torna al centro del dibattito politico con la Legge di bilancio 2025. In un’intervista a La Repubblica, il viceministro dell’Economia Maurizio Leo ha dichiarato che il governo «compatibilmente con le risorse a disposizione» sta valutando la possibilità di alzare la soglia di esenzione fiscale, oggi fissata a 8 euro per i ticket elettronici e a 4 euro per quelli cartacei, fino a un massimo di 10 euro al giorno.

Una misura che, secondo le prime stime, avrebbe un costo per lo Stato compreso tra i 70 e gli 80 milioni di euro l’anno, ma che potrebbe garantire effetti positivi sul fronte dei consumi e delle entrate fiscali.

La questione non è nuova. Già nel 2022 la senatrice di Fratelli d’Italia Paola Mancini aveva proposto di innalzare la soglia, ma il piano non era andato in porto per mancanza di coperture. Oggi, in un contesto in cui i dati Istat certificano una perdita del 10,5% del potere d’acquisto delle famiglie tra il 2021 e il 2024, l’ipotesi torna a farsi concreta.

I vantaggi per lavoratori e sistema economico

L’aumento della soglia esentasse da 8 a 10 euro porterebbe benefici diretti a milioni di lavoratori. Secondo le stime di Matteo Orlandini, presidente dell’Associazione italiana società esercenti buoni pasto (Anseb), in tasca ai dipendenti resterebbero circa 450-500 euro in più all’anno. Non si tratta di un dettaglio, visto che i buoni pasto sono utilizzati oggi da 3,5 milioni di lavoratori come strumento quotidiano di sostegno ai consumi.

Il sistema, in realtà, coinvolge numeri molto più ampi. Una ricerca condotta dalla Sda Bocconi ha calcolato che l’intera filiera dei buoni pasto sostiene 220 mila lavoratori tra occupati diretti e indiretti, con un impatto pari allo 0,75% del Pil nazionale. Nel solo 2023 i consumi attraverso i ticket hanno generato 419 milioni di euro di Iva.

Fare la spesa
Supermercati e spesa con buoni pasto-www.senecaedizioni.com

L’analisi del Teha Group-Edenred Italia conferma che, con l’innalzamento a 10 euro, il gettito Iva potrebbe crescere di 170-200 milioni di euro, a fronte di una spesa pubblica non superiore ai 90 milioni. Nel medio periodo, l’impatto stimato porterebbe a un aumento del valore generato, fino allo 0,94% del Pil entro il 2028 e a circa 275 mila lavoratoricoinvolti. Una dinamica che rafforza la percezione del buono pasto non solo come strumento di welfare aziendale, ma come parte integrante del sistema economico nazionale.

Le criticità per gli esercenti e le nuove regole sulle commissioni

Accanto ai vantaggi per i lavoratori e per lo Stato, restano alcune criticità. La principale riguarda gli esercenti – bar, ristoranti, supermercati – che accettano i buoni. In molti casi sono costretti ad anticipare i costi dei prodotti venduti e ad attendere settimane, a volte mesi, prima di ricevere il rimborso dalle società emettitrici.

A questo si aggiunge la questione delle commissioni. Fino a poco tempo fa, le aziende emettitrici potevano applicare una commissione fino al 20% del valore nominale del buono, un costo che ricadeva su più soggetti: datore di lavoro, dipendente ed esercizio commerciale. Con il nuovo ddl Concorrenza, dal primo settembre è entrato in vigore un limite: la commissione non può più superare il 5% del valore. Una novità che dovrebbe alleggerire la pressione sui commercianti, spesso critici nei confronti di un sistema che garantisce grandi vantaggi ai dipendenti ma che riduce i margini di guadagno per chi fornisce i beni o i servizi.

Le associazioni di categoria, pur accogliendo con favore la riduzione delle commissioni, restano caute. Il rischio è che i tempi di rimborso e le differenze tra le politiche delle società emettitrici continuino a creare disparità. Una partita aperta, dunque, che il governo dovrà considerare se vorrà davvero inserire l’aumento della soglia nella manovra.

Il dibattito resta vivo, anche perché i buoni pasto non riguardano solo i dipendenti pubblici o privati, ma toccano un insieme di settori molto ampio. Dal welfare aziendale ai consumi quotidiani nei supermercati, il sistema è diventato negli anni un vero indicatore delle trasformazioni del mercato del lavoro e delle abitudini di spesa delle famiglie italiane.

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