Una decisione storica della Cassazione cambia le regole del gioco: anche con soli due condomini presenti le delibere possono essere valide e vincolanti.
Chiunque viva in un condominio sa che l’assemblea condominiale è spesso un palcoscenico di scontri, discussioni e compromessi. C’è chi difende il proprio posto auto come fosse un diritto divino, chi si infervora sui preventivi per la facciata e chi, armato di deleghe, arriva all’ultimo minuto per ribaltare le decisioni. Dietro queste scene di vita quotidiana, però, si muove una macchina giuridica complessa, regolata da quorum, verbali e norme codificate.
Eppure, con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha introdotto una novità che ha lasciato molti a bocca aperta: anche un’assemblea con solo due condomini presenti può produrre delibere valide. Non più decisioni “nulle”, ma soltanto annullabili entro i termini previsti. Una differenza che cambia radicalmente il peso della partecipazione e mette in guardia chi è abituato a disertare le riunioni.
Cosa dice la Cassazione: quorum mancato non significa nullità
Il punto chiave arriva dall’ordinanza n. 10361 del 19 aprile 2025, con cui la Cassazione (Sezione II) ha stabilito un principio innovativo: il mancato raggiungimento dei quorum costitutivi o deliberativi non rende nulla la delibera, ma semplicemente la rende annullabile.

In termini pratici, una decisione presa in assemblea condominiale — anche con una partecipazione ridottissima — continua a produrre effetti giuridici e vincola tutti i condomini, a meno che qualcuno non decida di impugnarla. I termini per l’impugnazione sono precisi:
30 giorni dalla data della delibera per chi era presente ma si è opposto o astenuto;
30 giorni dalla comunicazione ufficiale per chi era assente.
Se questi termini decorrono senza azioni legali, la decisione diventa definitiva e obbligatoria per tutti.
La Cassazione ha richiamato anche precedenti di rilievo, come le Sezioni Unite con le sentenze 4806/2005 e 9839/2021, ribadendo che la nullità assoluta si applica solo in casi estremi:
mancanza di elementi essenziali della delibera;
oggetto illecito o impossibile;
violazione di diritti individuali su proprietà esclusive o parti comuni;
materie che esulano dalle competenze dell’assemblea.
Tutti gli altri errori — convocazione irregolare, mancanza di quorum, numero eccessivo di deleghe — non fanno cadere automaticamente la delibera, ma aprono solo la possibilità di impugnarla.
Assemblea condominiale: perché questa svolta riguarda tutti
Il messaggio che esce dalla Cassazione è chiaro: non basta dire “l’assemblea non era valida” per ignorarne le decisioni. Anche due persone presenti, se non contestate nei tempi, possono determinare l’avvio di lavori, imporre spese straordinarie o approvare modifiche gestionali.
Questo scenario cambia profondamente il modo in cui i condomini devono approcciarsi alla partecipazione. Fino a oggi, molti hanno considerato il quorum come una barriera protettiva: se non si raggiungeva, la decisione sembrava automaticamente inefficace. Con questa nuova interpretazione, invece, la responsabilità si sposta sul singolo: se non si partecipa, si rischia di trovarsi vincolati da delibere approvate da pochi vicini.
Il Codice Civile, all’articolo 1136, continua a disciplinare i quorum:
in prima convocazione, è richiesta la presenza di almeno due terzi dei condomini e due terzi dei millesimi;
in seconda convocazione, bastano un terzo dei condomini e un terzo dei millesimi.
Ma il punto è che la mancata presenza non rende automaticamente nulle le delibere: semplicemente le rende attaccabili entro i termini.
Dalla teoria alla pratica: cosa succede in condominio
Immaginiamo una situazione concreta. Su dieci condomini, solo due partecipano all’assemblea. Decidono di approvare un intervento di manutenzione straordinaria sulla facciata con una spesa consistente. Gli altri otto, assenti, potrebbero pensare che la delibera sia invalida per mancanza di quorum. In realtà, quella decisione ha piena efficacia: i lavori possono partire e i costi ripartiti. Solo impugnando entro 30 giorni si può contestare.
Questo spiega perché la Cassazione sottolinea l’importanza della presenza attiva: essere in assemblea significa avere voce, mentre l’assenza può tradursi in conseguenze concrete, anche pesanti sul portafoglio.
La stessa Corte ricorda che le delibere assembleari non si limitano a semplici decisioni di manutenzione, ma toccano questioni fondamentali: sicurezza degli impianti, ripartizione delle spese, innovazioni strutturali, decoro architettonico. Tutti aspetti che incidono direttamente sul valore e sull’utilizzo della proprietà privata.
Il microcosmo condominiale e la nuova responsabilità
Chiunque abbia frequentato un’assemblea condominiale conosce bene le dinamiche: discussioni infinite sui millesimi, deleghe infilate sotto la porta, vicini che non si parlano da anni. La Cassazione, con questa ordinanza, fotografa bene un mondo in cui la partecipazione è spesso scarsa e le sedute si svuotano rapidamente.
Ora, però, la giurisprudenza manda un messaggio forte: anche una minoranza può decidere per tutti, finché non viene contestata. Questo rende ogni riunione ancora più strategica e ribadisce un concetto: meglio esserci, anche solo per dire “no”.