In Italia le malattie cardiovascolari causano oltre 220.000 morti l’anno: prevenzione e aderenza alle cure restano decisive per salvare vite.
Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora la principale causa di morte e disabilità in Italia. Secondo i dati, ogni anno si registrano più di 220.000 decessi, con un’incidenza del 38% nelle donne e del 31% negli uomini. Un peso enorme anche sul Sistema Sanitario Nazionale, che spende circa 42 miliardi di euro tra cure e assistenza. Colpisce un dato: l’80% degli eventi cardiovascolari potrebbe essere evitato con prevenzione e aderenza terapeutica.
Nonostante ciò, la mancata adesione ai trattamenti incide ancora in maniera significativa. Si calcola che al SSN costi 2 miliardi di euro ogni anno. Incrementare anche solo del 15% l’aderenza permetterebbe di salvare vite, ridurre i ricoveri e abbassare la spesa sanitaria di almeno 300 milioni di euro.
Sintomi atipici dell’infarto nelle donne
Quando si parla di infarto, l’immaginario collettivo lo associa subito al classico dolore oppressivo al petto. Nelle donne, però, quasi la metà dei casi presenta anche sintomi atipici, talvolta poco riconoscibili e quindi sottovalutati. Possono comparire insieme al dolore toracico o addirittura precederlo, diventando segnali d’allarme da non ignorare.
Tra questi sintomi si segnalano malessere diffuso, affaticamento improvviso, nausea, sudorazione fredda, fastidio alla mandibola o al collo, fino a dolori localizzati a spalle e schiena. Si tratta di manifestazioni che spesso vengono confuse con disturbi passeggeri, motivo per cui la diagnosi nelle donne arriva spesso in ritardo.

Emanuela Folco, Presidente della Fondazione Italiana per il Cuore (FIPC), sottolinea come l’aderenza non significhi solo assumere i farmaci prescritti, ma anche adottare stili di vita sani, sottoporsi agli screening, partecipare alle campagne di prevenzione ed effettuare vaccinazioni e controlli regolari. Una scelta che, ribadisce Folco, ha sempre un impatto anche sulla collettività.
Per la Giornata Mondiale per il Cuore 2025, l’attenzione è rivolta proprio a questa consapevolezza: migliorare la conoscenza dei sintomi e spingere i cittadini a un maggiore senso di responsabilità verso la propria salute. Una diagnosi precoce e una reazione tempestiva possono fare la differenza tra la vita e la morte.
I 5 fattori di rischio modificabili che fanno la differenza
Se è vero che fattori come età, sesso, etnia o genetica non possono essere cambiati, ci sono 5 fattori di rischio modificabili che incidono in modo diretto sullo sviluppo delle patologie cardiovascolari. Riguardano ipertensione, ipercolesterolemia, fumo e droghe, diabete di tipo 2 e sovrappeso/obesità.
Il controllo della pressione arteriosa resta fondamentale. Una pressione elevata, se non trattata, aumenta il rischio di infarto e ictus. Per questo occorre misurarla con regolarità e rispettare le terapie indicate. Lo stesso vale per i livelli di colesterolo LDL: monitorarli e attenersi alla terapia prescritta riduce sensibilmente il rischio di complicanze.
Sul fronte dei comportamenti, la cessazione del fumo – anche di sigarette elettroniche – è cruciale, così come l’astensione dalle droghe e l’attenzione al fumo passivo. Per i pazienti con diabete di tipo 2, tenere sotto controllo la glicemia e seguire un’alimentazione equilibrata rappresentano passi decisivi per contenere le conseguenze.
Il peso corporeo resta un ulteriore indicatore importante. Circonferenza vita e indice di massa corporea sono parametri che aiutano a capire se si è in una condizione di sovrappeso o obesità. Una dieta bilanciata, associata a attività fisica regolare, riduce drasticamente il rischio di complicanze cardiometaboliche.
Più del 50% delle malattie cardiovascolari e oltre il 20% della mortalità sono attribuibili proprio a questi fattori modificabili. Per contrastarli, la FIPC ha lanciato la campagna nazionale “Per un cuore sano, conta ogni centimetro”, con il patrocinio del Ministero della Salute e il sostegno di 18 società scientifiche. L’iniziativa mette al centro la lotta all’obesità, fornendo ai cittadini strumenti pratici, come la misurazione della circonferenza vita e l’uso di un dashboard digitale per valutare il proprio rischio.
L’obiettivo è chiaro: spingere le persone a rivolgersi tempestivamente a uno specialista, trasformando la conoscenza in comportamenti concreti. Solo così si può ridurre il peso delle malattie cardiovascolari e restituire al Paese non solo vite salvate, ma anche risorse economiche e sociali fondamentali.